venerdì 30 maggio 2014

Uno di Noi

Quando ancora ero uno studentello accadde che la mia morosetta ebbe 5 giorni di ritardo.
Di solito lei era regolare come un orologio svizzero ma quella volta, forse uno spavento, qualcosa aveva cambiato le carte in tavola.
Ci confrontammo con quella nuova situazione, con le possibili conseguenze. All'epoca ero molto giovane, non avevo un soldo in tasca e la laurea era ancora lontana. Un bambino significava qualcosa di permanente, che mi avrebbe legato a quella persona tutta la vita. Probabilmente significava cambiare tutti i miei piani, per quanto vaghi e confusi fossero.
Ero pronto ? Potevo affrontare quella situazione ?

Quello che mi ricordo era che no, non era quella la situazione che volevo, e non volevo quella persona accanto a me per tutta la vita, per quanto le volessi bene.

Il sesto giorno arrivò il ciclo e tirammo tutti e due un lungo sospiro di sollievo. Tuttavia quella situazione mi aveva riportato in contatto con me stesso e, più avanti, sarà anche alla base della mia decisione di chiudere quella relazione.

Quando penso alla mia infanzia immagino che i miei genitori abbiano vissuto sentimenti simili a questi quando mia madre si accorse che mi stava aspettando.
Vivevano una relazione non facile, poco solida, c'era inesperienza, e le due famiglie si trovavano stranamente d'accordo nel rifiutare questa situazione.
Non è difficile capirlo.
Capisco chi reclama il diritto di decidere del proprio futuro, chi non si sente pronto per essere genitore.

Dall'altra parte immagino quella piccola creatura che ero io a poche settimane, senza la possibilità di parlare, di esprimersi con un gesto, di difendersi. Lì nel buio a sperare che le persone lì fuori decidano per la vita, anche se sono spaventate, se si sentono impreparate, se giudicano che la situazione non sia quella più adatta.
Io che dal mio buio voglio solo arrivare a respirare l'aria di questo pianeta, e poi si vedrà. Qualcosa succederà. Qualcuno si occuperà di me. Ho fiducia.

Ora sono qui, e guardo il mare. Mi sorprendo sempre di quanto è azzurro il cielo tra i muri bianchi delle case all'ora di pranzo. Torno a casa e mi arriva il profumo di rosmarino e basilico.
Non è stato tutto facile, c'è sempre una nuova lezione da imparare. Ho avuto paura, senso di impotenza.Momenti bui.

Eppure penso che tutto questo non sia stato inutile, penso che sia stato necessario per diventare quello che sono, per scolpire la forma della mia sensibilità, per allenare i muscoli del mio sentire.

Penso che da qualunque punto di partenza la vita meriti di essere vissuta. Penso alla mia di vita, perche` sento che avrei voluto viverla in ogni caso, ma anche a casi più "impegnativi" come Nick Vuicjic, nato senza gambe e senza braccia e diventato uno dei più grandi motivatori del mondo, marito di una donna bellissima e, infine, padre.



Come penso che ognuno abbia il diritto di non sentirsi pronto per essere genitore, penso anche che una creatura indifesa abbia il diritto di arrivare qui e avere almeno un'opportunità di giocarsi le sue carte. Poi fai come vuoi, ma portami a vedere la luce, io sono sicuro che qualcuno si occuperà di me. Potrebbe essere la storia di ognuno di noi.

Sento profonda gratitudine per mia madre, che ha preso per me la decisione più importante della mia vita. Sarei stato grato anche soltanto se mi avesse portato alla luce e invece ho avuto molto di più, i nodi nei suoi lunghi capelli scuri e tutto ciò di cui ho avuto bisogno per diventare quello che sono.

Buon compleanno mamma, ti voglio bene.



P.S. Segnalo l'iniziativa del Movimento per la Vita "Uno di Noi".